Il 4 luglio scorso sono state pubblicate due pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione: rispettivamente, la sentenza n. 18286 e l’ordinanza interlocutoria n. 18284. Entrambi i giudizi hanno a oggetto l’applicabilità della confisca doganale ex art. 301 Tuld alle condotte di contrabbando semplice, relative, la prima, all’importazione di un’auto vettura di lusso, mentre, la seconda, all’introduzione irregolare nell’UE di un quadro di ingente valore.
Il contrabbando, disciplinato dagli artt. 282-301 bis TULD punisce chiunque sottrae merci importate nel territorio dell’Unione europea al pagamento dei dazi e degli altri diritti di confine equiparati Tale reato, come noto, si distingue in contrabbando “semplice”, sanzionato con la sola pena della multa, proporzionale all’imposta evasa (da due a dieci volte i diritti dovuti sulla merce) ovvero “aggravato”, laddove, ad esempio, sia connesso con un altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione (art. 295 Tuld).
Senza effettuare alcuna distinzione, l’art. 301 Tuld dispone che, nei casi di contrabbando (sia esso semplice che aggravato) è sempre ordinata la confisca, anche per equivalente, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto. Con l’ordinanza interlocutoria n. 18284/2024, le Sezioni Unite hanno preliminarmente ribadito che l’Iva all’importazione non può affatto essere equiparata a un dazio doganale ma che, al contrario, per sua natura è incardinata nel sistema generale dell’Iva. Di conseguenza, “la diversità tra dazi e Iva all’importazione comporta che, ai fini della determinazione delle sanzioni, non può essere cumulato il rispettivo ammontare dei diritti evasi”. va interna e Iva all’importazione rappresentano, pertanto, il medesimo tributo, ma le relative sanzioni amministrative non sono allineate.
La confisca, infatti, non è mai prevista per l’Iva interna per le condotte sanzionate solo in via amministrativa, mentre per l’Iva all’importazione tale misura si cumula con l’applicazione delle sanzioni amministrative, determinando così un trattamento più gravoso rispetto alle fattispecie di rilievo penale. Per tale motivo, i giudici di legittimità hanno deciso di rimettere gli atti alla Corte Costituzionale, itenendo che “Il cumulo sanzionatorio, costituito dall’applicazione della confisca in aggiunta alle sanzioni amministrative pecuniarie, per la condotta di evasione dell’Iva all’importazione per le operazioni compiute con la Svizzera, risulti, di per sé, di particolare severità e, in ogni caso, maggiore rispetto a quanto previsto per le omologhe condotte sia in tema di Iva interna, sia in tema di Iva negli scambi intraunionale”.
A diversa conclusione, invece, sono giunte le Sezioni Unite con la sentenza n. 18286/2024, le quali hanno affermato che la confisca ex art. 301 Tuld “ha natura di misura di sicurezza, con una finalità special-preventiva finalizzata, tramite l’ablazione del bene, da un lato a neutralizzare l’attrattiva alla realizzazione dell’illecito ove lo stesso fosse lasciato nella disponibilità del contravventore e, dall’altro, a recuperare all’erario, nella misura più celere e massima, il tributo dovendosi escludere che la sua irrogazione, con riguardo al mancato versamento dei dazi, si ponga in contrasto con il principio di proporzionalità”. Di conseguenza, in caso di contrabbando semplice, caratterizzato dall’evasione di dazi e Iva all’importazione, è ammessa la confisca doganale, in aggiunta alle sanzioni amministrative.