
Dal 2015, Donald Trump ha adottato una politica commerciale aggressiva nei confronti di Cina ed Europa, ispirata al protezionismo degli anni Trenta. Il principio cardine è semplice: tutelare l’industria americana imponendo dazi sui beni importati, accusando Cina e Unione Europea di concorrenza sleale.
Durante il suo primo mandato, l’amministrazione Trump ha introdotto dazi su acciaio, alluminio e una vasta gamma di prodotti tecnologici, colpendo principalmente la Cina, ma anche settori strategici europei, come quello automobilistico e agroalimentare. Tuttavia, nel 2020 ha sospeso o rinviato alcuni dazi per evitare ulteriori pressioni sui prezzi interni, anche a causa della pandemia e dell’inflazione.
Dazi USA: escalation commerciale e strategia italiana verso un’area di libero scambio transatlantica
L’amministrazione statunitense ha annunciato un nuovo schema tariffario che prevede dazi del 10% su tutte le importazioni da Paesi non espressamente esclusi. Le motivazioni ufficiali includono pratiche di manipolazione valutaria e barriere commerciali, sebbene le percentuali In questo contesto di crescente tensione commerciale, l’Italia si prepara a giocare un ruolo diplomatico strategico. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha delineato l’obiettivo chiave: costruire le basi per una zona di libero scambio tra Europa e Stati Uniti.
Missione USA:
Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è attesa giovedì a Washington per un incontro bilaterale con il Presidente Donald Trump, mentre venerdì riceverà a Roma il vice presidente J.D. Vance.
L’Italia punta ad aprire un dialogo concreto per ridurre progressivamente i dazi e favorire relazioni commerciali più aperte e competitive tra le due sponde dell’Atlantico, in un momento chiave per la ridefinizione degli equilibri globali.
Recentemente, Trump ha annunciato una sospensione di 90 giorni sull’entrata in vigore di alcuni dazi, motivandola con la volontà di dare spazio a una possibile negoziazione bilaterale. Nel mirino ci sono soprattutto Paesi europei, tra cui l’Italia, che esportano prodotti ad alto valore aggiunto negli Stati Uniti.
La sospensione deriva da pressioni interne all’industria americana, che teme contraccolpi sulle filiere produttive e sull’occupazione, ma anche da valutazioni geopolitiche: in una fase di incertezza globale, Washington potrebbe voler evitare tensioni dirette con partner strategici come Roma.
Per l’Italia, questo rappresenta un importante margine diplomatico: c’è spazio per negoziare esenzioni settoriali o accordi che salvaguardino l’export di eccellenze Made in Italy, soprattutto in ambiti come l’agroalimentare, il design e la meccanica di precisione.
Per le imprese italiane che esportano negli Stati Uniti o che dipendono da forniture transatlantiche, lo scenario potrebbe cambiare rapidamente. Ecco le principali conseguenze concrete:
– Aumento dei costi di ingresso negli Stati Uniti;
– Rallentamenti doganali e burocrazia;
– Possibili ritorsioni da parte dell’Unione Europea.
In attesa di conferme ufficiali o dell’eventuale entrata in vigore dei nuovi dazi, le imprese possono:
– Mappare il rischio doganale
– Diversificare i mercati
– Rivalutare la catena di fornitura
– Monitorare le policy commerciali
In sintesi, il ritorno dei dazi di Trump potrebbe riportare le imprese italiane a uno scenario commerciale complesso, simile a quello del 2018-2019. Ma la finestra di sospensione può essere un’occasione per muoversi in anticipo e negoziare condizioni più favorevoli.
Per l’Italia, questo rappresenta un margine diplomatico importante: c’è spazio per trattare esenzioni settoriali o accordi che salvaguardino l’export di eccellenze Made in Italy, soprattutto in ambiti come l’agroalimentare, il desing e la meccanica di precisione.
Cosa devono aspettarsi le imprese italiane
Per le imprese italiane che esportano negli USA o che dipendono da forniture transatlantiche, lo scenario potrebbe cambiare rapidamente. Ecco le principali conseguenze concrete:
• Aumento dei costi all’ingresso negli USA: beni italiani potrebbero diventare meno competitivi, penalizzando settori come moda, arredamento, macchinari, alimentare e automotive.
• Rallentamenti doganali e burocrazia: l’introduzione di nuovi dazi richiederà spesso rivalutazione dei codici doganali, certificazioni, e documentazione a supporto dell’origine del prodotto.
• Ritorno di ritorsioni UE: una nuova guerra commerciale potrebbe portare l’Europa a reagire con dazi propri, creando incertezza su mercati terzi e rendendo più difficile pianificare le vendite estere.
Cosa possono fare le aziende ora
In attesa di conferme ufficiali o dell’eventuale entrata in vigore dei nuovi dazi, le imprese possono:
• Mappare il rischio doganale: identificare i prodotti più esposti a dazi USA e valutarne la sensibilità commerciale.
• Diversificare i mercati: rafforzare la presenza in aree meno a rischio (es. Medio Oriente, Asia, Canada).
• Rivalutare la catena di fornitura: in alcuni casi può essere utile localizzare parte della produzione o dell’assemblaggio per evitare l’impatto diretto dei dazi.
• Monitorare le policy commerciali: restare aggiornati sulle decisioni USA e sulle possibili contromisure UE.